Progetto “Paesaggi d'acque”
L'area lagunare di Orbetello e monte Argentario è una delle più note e conservate d'Italia: da tempo gli Enti locali, le Associazioni ambientaliste e in generale l'opinione pubblica svolgono azioni continue, mirate alla salvaguardia e alla valorizzazione di un patrimonio ambientale riconosciuto e ammirato in tutta Europa. Accanto a queste valenze ambientali, l'area ha anche grande importanza archeologica, soprattutto per l'epoca etrusca; tuttavia meno noti, e spesso del tutto sconosciuti, sono i rinvenimenti di epoca più antica, che risalgono al Paleolitico superiore (circa 20.000 anni fa). Ben testimoniate sono anche le epoche successive, in particolare l'età del rame e quella del bronzo e del ferro. Inoltre, mediante particolari indagini paleo-ambientali collegate allo studio delle immagini da satellite, è possibile ricostruire anche gli antichi paesaggi, conoscerne la storia e le trasformazioni che hanno subito prima di assumere l'aspetto attuale. Il progetto, gestito in collaborazione con l'Università degli Studi di Milano, concessionaria degli scavi, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e il Corpo Forestale dello Stato, prevede:
Duna Feniglia (link con 02.5.1), scavo di un abitato dell'età del ferro (IX-VIII secolo a.C.) finalizzato alla produzione del sale, in cui sono state rinvenute strutture abitative e artigianali, forni e focolari, materiali ceramici, di bronzo, pietra eccetera.
Territorio di Orbetello e di monte Argentario (link con 02.5.2), ricognizioni e ricerche paleo-ambientali per la ricostruzione del paesaggio prima degli Etruschi.
L'abitato produttivo di Duna Feniglia (Orbetello Gr)
Nell'estate del 2000 nell'ambito delle attività del CSP e del Dipartimento di Scienze dell'Antichità - sezione di Archeologia dell'Università degli Studi di Milano in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Toscana è stata così avviata una campagna di ricognizione all'interno della Riserva naturale della Duna Feniglia.
Le nostre conoscenze sulla frequentazione preistorica del Tombolo di Feniglia sono dovute essenzialmente a due fonti: la ricognizione della Laguna di Orbetello, Monte Argentario, Isola del Giglio e Giannutri condotta dalle Università di Firenze e di California (Santa Cruz), nel 1968, e quella delle Università di Pisa e Siena nell'ambito del progetto Ager Cosanus e Valle dell'Albegna.
I risultati della prima sono stati pubblicati nel 1970, ma purtoppo si tratta solo di un elenco dei siti identificati con una succinta descrizione dei materiali rinvenuti.
I risultati dell'indagine sono stati di grande rilievo, permettendo di spostare in età etrusca alcuni dei siti attribuiti in precedenza all'età del bronzo e permettendo di individuare alle due estremità del tombolo estesi affioramenti di ceramica di impasto attribuibili alla prima età del ferro, inquadrabili in quelli che vengono definiti “giacimenti di olle ad impasto rossiccio”, interpretati come insediamenti finalizzati alla produzione del sale e alla conservazione del pesce e dei suoi derivati, nati lungo le coste tirreniche dell'Italia centrale agli inizi dell'età del Ferro e che con il proseguire delle ricerche si vanno rivelando sempre più diffusi su tutta la costa tirrenica, dal litorale ceretano a quello populoniese. Successivamente i sondaggi realizzati tra il 2001 e il 2005 nell'insediamento presso la sede della Forestale hanno permesso di individuare diversi scarichi di frammenti di grandi vasi, per lo più di impasto grossolano, la cui abbondanza e la cui forma ripetitiva, suggeriscono l'esistenza di attività produttive specializzate che prevedevano la fabbricazione, l'uso e la distruzione di questi manufatti. È probabile che questi contenitori fossero utilizzati per lo stoccaggio del pesce o per l'estrazione del sale per ebollizione, secondo una tecnica, alternativa all'impianto di saline, nota anche in altri contesti del mondo antico. Tali frammenti sono in gran parte localizzati all'interno di un'ampia fossa e frammisti a strati di cenere, indizio dell'esistenza di intense attività di fuoco. Lo scavo ha inoltre permesso di riconoscere l'esistenza dei resti di un'abitazione a pianta rettangolare, databile sempre all'età del Ferro, probabilmente destinata a laboratorio, di cui resta un tratto di muro di fondazione a secco. Nell'area circostante sono stati inoltre rinvenuti due forni in cotto, ed un piccolo focolare dello stesso materiale, funzionale alla cottura dei cibi.
L'assistenza archeologica prestata nel 2002 alla realizzazione di una trincea di scavo per la posa del tubo dell'acquedotto, che ha interessato la strada che attraversa la riserva naturale, ha inoltre consentito la registrazione di ulteriori dati su questo insediamento, con il riconoscimento della presenza di punti di fuoco, probabilmente relativi alla lavorazione del sale per ebollizione, e ha permesso l'individuazione di un insediamento analogo a quello attualmente indagato, all'estremità opposta del tombolo. Grazie alle indagini in corso è ora possibile delineare meglio le modalità di occupazione del tratto costiero pertinente al territorio dell'antica città di Vulci e chiarire l'economia delle comunità alle origini della cultura etrusca.
Ricognizione
Sono state effettuate ricognizioni e ricerche paleo-ambientali per la ricostruzione del paesaggio prima degli Etruschi. Sono stati rinvenuti numerosi nuovi siti e si sta preparando materiale didattico e un ampio programma di visite guidate. E’ in corso di stesura la pubblicazione generale delle ricognizioni 2000 – 2006
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